Sentieri nel verde

Ultima modifica 6 maggio 2024

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Tempo libero
Turismo
  • Largo Lago ed il Vallone dell'Obaco

Largo Lago è una piazzetta con al centro un platano e con le case basse intorno; in inverno al riparo dai venti freddi del nord (gl’ vient d’ Forca d’Acer’ ) gli anziani si siedono a parlare e raccontare storie di un tempo.

Quando nel torrente Forca d’Acero scorrevano le acque una piccola ansa raggiungeva un mulino che qui sorgeva per macinare cereali. Nel settore orientale della piazza inizia il sentiero che conduce al Vallone dell’Obaco e Valle Fischia (Comune di Settefrati). La passeggiata proposta parte da Largo Lago (680 m) e si dirige verso oriente, seguendo i terrazzamenti del settore pedemontano.

Il sentiero sale in quota attraverso un percorso sterrato costeggiato da muri a secco di buona fattura con scale di accesso ai diversi poderi. Gli uliveti terrazzati si spingono in quota fino agli 800 metri, fra antichi casolari abbandonati ed aie in pietre dove si affacciano cisterne e pozzi. Lungo il percorso si incontra anche una bella torre colombaia in pietra, di forma cilindrica, con tetto in coppi. Il sentiero, oltrepassata l’incisione dell’Obaco dove affiorano le ghiaie della conoide quaternaria, ridiscende fino a quota 778 verso Le Fontanelle e torna indietro sulla strada delle Chiaie (toponimo dialettale molto diffuso che indica affioramento di “ghiaie”). Dalle Fontanelle il sentiero può proseguire verso est fino a raggiungere il confine con il Comune di Settefrati percorrendo, lungo l’isoipsa 900 il costone de Le Chianozze. Risalendo l’incisione di Valle Fischia si sale in quota fino a raggiungere la Fonte di San Cataldo e la faggeta di Macchia Marina. Le donne qui fino agli anni ’50 hanno sempre raccolto legna che trasportavano a valle con gl’ frascon. Da Macchia Marina è possibile raggiungere Fondillo di Settefrati, conca carsica fra banchi stratificati di Calcare cristallino, roccia carbonatica saccaroide con rudiste (molluschi fossili estinti nel Cretacico). Fonti storiche raccolte e documentate dai ragazzi della Scuola Media di San Donato narrano di una fredda notte di febbraio di fine ottocento quando due donne di San Donato furono assalite da un branco di lupi e uccise, proprio nei pressi della Fonte di San Cataldo.

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 (difficoltà bassa, dislivello 200 m).


  • Anello delle fonti

Lasciato il paese dal parcheggio sottostante i ponti ottocenteschi sull’antico greto del torrente di Forca d’Acero, ci si dirige verso occidente percorrendo la via Antica, storica strada di collegamento fra Alvito e San Donato. Neppure in concomitanza di eccezionali eventi piovosi i ponti svolgono la loro effettiva funzione, essi sono solo un ricordo del passato.   “Il solo torrente a cui si vuol porre attenzione è quello che calando dall’alto degli Appennini, passa per la Comune di San Donato. Questo, oltre all’aver ingombrato molte terre, ha spesso rovinato qualche edifizio, colla morte talvolta degli abitanti medesimi, tali danni continueranno finché le acque non si avranno aperto un alveo di comunicazione colla Melfa” tratto da “La Statistica del Regno di Napoli del 1811”.  Il percorso costeggiato da muri di contenimento in pietra con filari di querce si dirige, fra bellissimi casolari abbandonati, verso la piana fino a raggiungere i fontanili di San Fedele e La Fonte.

Tutte le sorgenti toccate da questo itinerario ciclabile si hanno al contatto stratigrafico tra materiali a differente permeabilità. Queste sorgenti sgorgano al contatto tra le ghiaie alluvionali del fondovalle, molto permeabili e le argille mioceniche delle colline, a più bassa permeabilità. I valori della portate sono molto esigui e risentono delle variazioni stagionali. La falda che le alimenta è molto superficiale e come tale, purtroppo, risente notevolmente del carico inquinante dovuto sia allo smaltimento dei reflui fognari non depurati sia per l’uso di fertilizzanti e diserbanti in agricoltura. A differenza del passato raramente le acque sono di buona qualità. Quasi adiacente al fontanile di San Fedele, con le sue mura poligonali si ha quello denominato La Fonte, quest’ultimo collocato all’ombra di maestosi alberi di platano. La strada asfaltata prosegue verso Cappella Lucida per proseguire in direzione di Castagneto. Dalla strada di crinale sulla collina argillosa la sorgente “La Fermentina” si rinviene al di sotto di una splendida quercia.

Ritrovasi in questo castagneto” – scriveva l’umanista G.P.M. Castrucci nel 1632 –”in una valletta a ponente un bollore d’acqua color cinerino e d’odor di bitume, che qualche volta nelle mutazioni dei tempi si fa sentire da lontano s’alza da terra or otto palmi or meno con lento mormorio, or debile or forte; e nell’istessa bocca o caverna onde s’alza e si vede, si profonda e si cela…”

Da analisi geochimiche effettuate dall’Università di Roma, questa sorgente gassosa è stata classificata come un’acqua solfato-carbonato-alcalino-terrosa con intense emissioni gassose di idrogeno solforato ed anidride carbonica. Questi due componenti definiscono sia l’odore acre sia il ribollire delle acque. La presenza di gas nobili (ad esempio l’elio) poiché di provenienza dalla crosta profonda, testimoniano una contaminazione delle acque superficiali con gas che risalgono lungo fratture tettoniche. Riprendendo la strada comunale per Gallinaro, in località Santo Ianni si ha la sorgente omonima. Si tratta di una polla con acque con chimismo bicarbonato-alcalino-terroso ricche di anidride carbonica. Anche per questa sorgente gli apporti di gas profondi confermano la presenza di lineamenti tettonici attivi. Tali dati sono relazionati all’elevata sismicità dell’area.

Risalendo verso monte, su strada sterrata, si incontra la fontana Grottelle ultima del percorso.

Ora, attraversando la contrada Serola, con la sua piazzetta con chiesetta campestre, si può risalire verso il Paese per la traversa “Fossato” e la via Macerino.

Forse è stato un pò impegnativo ma ne è valsa la pena.

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(percorso in mountain bike, difficoltà bassa, dislivello 200 m).


  • Il vallone di Forca D’Acero e le miniere borboniche 

Lasciata la Piazza Largo Lago, si percorre verso Nord la storica mulattiera utilizzata fino a pochi anni fa dai nostri nonni per raggiungere, attraverso il Valico di Forca d’Acero, l’alta Valle del Sangro. Il percorso si snoda lungo il versante sinistro del Vallone di Forca d’Acero attraverso un sentiero, facilmente percorribile, che sale verso il valico, attraversando gli ultimi appezzamenti terrazzati, coltivati ad uliveti. Continuando a salire in quota la vegetazione cambia; dagli appezzamenti con gli ulivi si passa ad un bosco misto con querce e carpini. Per raggiungere le antiche miniere di limonite, usate in epoca borbonica per volere di Re Ferdinando, bisogna arrivare a circa 950 m di quota; lasciato il sentiero principale sterrato, si prosegue sulla destra seguendo un piccolo tratturo che si inerpica attraverso il bosco fino ad arrivare all’ingresso delle miniere.

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(difficoltà bassa, dislivello 300 m).


  • Il Ghiaccio del Re

Dalla località denominata Castelluccio il sentiero, agevole e con debole pendenza, si dirige verso nord, fino al pianoro di Macchia Prima intorno al quale si apre nella faggeta con splendidi esemplari secolari. Il sentiero ruota poi verso occidente, lungo un impluvio, fino a raggiungere il confine con il comune di Pescasseroli, confine regionale Lazio – Abruzzo. Elemento caratteristico di questo tratto è la callarella o Chiatra (inghiottitoio carsico), con profondità di circa 15 metri e larghezza 5. Nel fondo dell’inghiottitoio le nevi dell’inverno si conservano anche in pieno agosto, per questo motivo fino agli anni ’50 era in uso prelevare il ghiaccio per farne granite nel bar del paese. Il percorso prosegue per Campo Lungo dove sia hanno numerose doline e specie botaniche. Nel passato era diffusa la raccolta della legna per produrre carbone. I carbonai costruivano pire che venivano lasciate bruciare per alcuni giorni, ricoperte di erba e terriccio. Dopo il raffreddamento il carbone, separato dalla terra, veniva caricato in sacchi di juta e venduto. Il sentiero sale in direzione delle vette di Serra Traversa (1865 m.). Al confine con il PNA si trova un altro inghiottitoio di grandi dimensioni, la Chiatra del Re. Il toponimo indica un pozzo carsico nel quale si conservavano neve e ghiacci prelevati, secondo la tradizione, per la corte dei Borboni. Il Sentiero ridiscende verso Costa Rosole fino a richiudersi ad anello a Castelluccio.

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(difficoltà media, dislivello 500 m).


  • La roccia dei Tedeschi 

Da Largo Lago, salendo lungo l’antica strada per gli Abruzzi, dopo circa un chilometro, si raggiungono i ruderi di antichi stazzi, all’altezza del bivio “due vie”, si procede verso sinistra e attraversando il bosco misto, in mezz’ora si raggiunge la Roccia cosiddetta “dei Tedeschi”. Anche ad una certa distanza la roccia è riconoscibile come uno spuntone imponente che si staglia sul fianco della montagna.La straordinaria posizione panoramica della rupe era strategica per l’avvistamento nelle diverse direzioni. Da qui la vista si apre sia sulla Val di Comino, fin verso le Gole del Melfa ed il Monte Cairo (antico fronte di Cassino), sia verso nord sulla strada di accesso all’Abruzzo. La roccia, era quindi una vantaggiosa postazione militare per l’esercito tedesco in ritirata, in previsione del cedimento del fronte di Cassino. I cunicoli scavati nella roccia e le torrette di avvistamento, erano stati realizzati dagli scalpellini sandonatesi rastrellati nelle piazze del paese, il loro lavoro barattato in cambio del rancio.

Spesso le attività manuali rappresentavano “punizioni” che i tedeschi imponevano alla popolazione come deterrente all’attività “sovversiva”. Con lo sbarco di Anzio e la caduta del Fronte di Cassino gran parte delle forze alleate risalirono verso Roma, utilizzando la Via Casilina. Nella Val di Comino giunsero truppe neozelandesi; fortunatamente dopo circa 10 giorni i tedeschi si ritirarono verso nord, abbandonando in gran fretta anche suppellettili e munizioni.

Entrare per la prima volta nei cunicoli, affacciarsi dalle torrette di avvistamento, anche a distanza di più di cinquanta anni, conserva un fascino misto ed una certa ansia, forse perché immediatamente riviviamo e riflettiamo su momenti drammatici della nostra storia. Ora nel centro della rupe, lungo una frattura (piano di faglia tettonico) forse in ricordo del passaggio di quei soldati, c’è un ciliegio. Ogni primavera fiorisce, incurante degli uomini e delle guerre.

Il sentiero prosegue costeggiando il versante destro del “canalone”, dove la faggeta è associata ai pini, in direzione di Monte Pizzuto. Da qui si gode una stupenda vista della vallata ed è frequente l’incontro con cervi e caprioli. Lungo un sentiero agevole, si scende verso la Torre Medievale e, attraverso l’intrico dei vicoli del centro storico, il percorso termina in Piazza Carlo Coletti.

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 (difficoltà media, dislivello 500 m).


  • Monte Panico

Da Castelluccio il sentiero si dirige verso nord – est. A quota 1458, oltrepassata la strada statale Sora–Pescasseroli, si prosegue fra le rupi assolate, fino a raggiungere la faggeta (1500 m). Il sentiero diviene sempre più ripido, salendo con diversi tornanti e completamente assolato sopra i 1700 metri. Raggiunta la vetta aspra del Panico la vista merita la fatica, lo sguardo domina sulla Valle del Sangro, sulla Val Fondillo fino al Marsicano e verso la Camosciara.

Come tutti i sentieri di cresta del parco dal Panico la vista si apre su spazi sconfinati anche se l’insolazione è elevata ed il paesaggio arido. Si consiglia di ridiscendere sul percorso di andata, anche se il sentiero è abbastanza breve (6 Km) la difficoltà è legata al dislivello ed all’insolazione nei periodi più caldi dell’anno.

Dalla vetta del Panico, il sentiero può proseguire verso oriente sullo spartiacque tra la Valle di Comino e la Valle del Sangro. E’ una delle traversate più belle del Parco, dominando con lo sguardo la Val Fondillo e la Camosciara. Il sentiero si snoda lungo pietraie assolate, rupi aspre ed affilate, praterie con graminacee silicee, dove nidificano le aquile ed i falchi, dove gli orsi vanno in letargo.

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(difficoltà alta, dislivello 450 m).


  • I ghiacciai e gli jolapi 

Da Castelluccio si percorre il sentiero in direzione nord-est; a quota 1450, oltrepassata la S.S. 509 per Pescasseroli, il sentiero prosegue, fra le rupi assolate, le graminacee e i variopinti fiori fino a raggiungere la faggeta a quota 1550 circa. Il sentiero, a volte quasi pianeggiante e più spesso ripido, al di sopra dei 1700 m,  é completamente assolato.  Si attraversa quindi il pozzo della Valle lnguagnera, utilizzato dai pastori per abbeverare nel periodo estivo il bestiame al pascolo in alta quota. Lungo il vallone, nelle rupi. si possono notare codirossi spazzacamino, codirossoni,  corvi imperiali, rondini rupestri e soprattutto il gufo reale.

Si raggiunge il valico della Valle e nella punta più alta è possibile ammirare la VaI di Fondillo e restare completamente sorpresi dalla folta vegetazione e dai faggi secolari presenti nel versante abruzzese in contrasto con l’arido paesaggio del versante laziale.

Si può ammirare Monte Amaro e. utilizzando il binocolo, con una buona dose di fortuna, è possibile sorprendere i camosci al pascolo: gli occhi corrono verso i monti e le vette meravigliose della Camosciara riserva integrale del Parco Nazionale d’Abruzzo.

Sulla cresta della Valle lnguagnera sì ruota verso destra, per raggiungere Colle Nero 1991 m. Tra doline tappezzate, vistosi inghiottitoi e piccole grotte, la vista sulla Val di Comino a sud è certamente suggestiva. In questa zona vivono anche martore, donnole, gatti selvatici, l’orso marsicano e l’aquila reale. Il sentiero prosegue poi nella conca carsica di Fondillo di San Donato, aggira prima Monte San Marcello e poi Costa Matarazzo e raggiunge Valle Lattara, dove in maggio, negli antichi stazzi cresce il Buon Enrico, gli Jolapi, spinaci selvatici con i quali in paese si preparano ottime paste o frittate.

Infine si scende per il sentiero, si rientra nel bosco di faggi fino a tornare a Castelluccio.

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(difficoltà medio-alta dislivello 630 m).


  • Sentiero natura “dentaria” Tracciato dagli alunni della Scuola Media Statale

Castelluccio (1360) – Scarpa del Monaco (1458) – Macchia Prima (1470) – Callarella della Neve (1521) – Grotta dei Ladri (1547) – Forca d’Acero (1530) – Castelluccio (1360).

Il sentiero, agevole e di lieve pendenza, è segnalato con vernice rossa per consentire a tutti di seguirlo tranquillamente nel bosco fitto ed esteso di faggi. Il sentiero è stato chiamato Dentaria perché questo fiore, tra i più belli della zona, è raro, caratteristico e presente solo in questo habitat particolare (faggeta – bosco umido).

Il sentiero è stato studiato dagli alunni della classe III C e III D della Scuola Media di San Donato Val di Comino nell’anno scolastico 1998/1999. Il progetto, coordinato dal prof. Cesidio Cedrone con la collaborazione delle prof.sse Filomena Carbone e Anna Zompa, è stato scelto per conoscere e rivalutare i luoghi storici e le tradizioni popolari, legati ad un ambiente ecologico ben conservato grazie alla sua posizione geografica e ad una attenta politica di salvaguardia dei boschi. Diviso in 20 soste didattiche, è stato studiato in base a vari aspetti: naturalistico, sensoriale, ecologico, botanico, storico, paesaggistico, geologico, faunistico e geografico. Dopo aver oltrepassato il rifugio “Duca d’Aosta” e quello del Corpo Forestale, si possono notare i ruderi delle abitazione dei pastori e gli stazzi: è la sosta della pastorizia. La terza tappa del sentiero prevede lo studio di una zona chiamata “Scarpa del Monaco“: a questa località è stato dato questo nome in quanto non molto lontano dai resti della chiesa di San Cristoforo, in un tratto di pianura, si trova una strana pietra scavata nel mezzo che rappresenta l’orma di una scarpa di cui si notano molto bene il tacco e la punta. Quindi si entra nella faggeta: gli alberi hanno in media l’età di 50 anni, ma sono presenti anche splendidi faggi e qualche acero pluricentenari.

Durante il percorso il cinguettio di numerosi uccelli accompagna il passo dei visitatori: è il canto della cincia o cinciarella, del picchio, della ghiandaia, del cuculo, del fringuello, e della tortora. In questo bosco vivono molti animali: talpe, cervi, cinghiali, caprioli, scoiattoli, volpi, lepri, ricci, lupi e orsi. Dopo aver studiato la configurazione del suolo, dei corsi d’acqua, delle doline e della Callarella della Neve, proseguendo il sentiero si giunge in una splendida radura piena di fiori: i colori che predominano sono il bianco, il giallo e tutte le tonalità dell’azzurro e del viola. Sono proprio questi meravigliosi fiori: viola, non ti scordar di me, dentaria, anemone bianco, acetosella, ranuncolo, tasso barbasso, ortica bianca, buon enrico, crocus, rosa canina e colombina, che spiccando tra le grigie rocce o ondeggiando a migliaia tra le erbe delle radure, mosse dal lieve vento, richiamano l’attenzione dei turisti e degli escursionisti (si consiglia di visitare il sentiero nel mese di maggio – inizio giugno).

Quindi si continua per il sentiero verso la Grotta dei Ladri, località legata all’emozionante storia del bandito Cedrone. Dopo aver attraversato per 10 minuti il bosco fitto, ecco finalmente la Grotta: un angolo nascosto, suggestivo e spettacolare che crea fascino per la sua bellezza naturale e brivido per la memoria storica: un rifugio, casa e vita di banditi, braccati dall’esercito piemontese perché nostalgici del regime borbonico di Francesco II.

Si invitano i visitatori del sentiero a sostare per qualche minuto in silenzio in questo luogo, per godere la bellezza del paesaggio e sentire quelle emozioni e sensazioni particolari che solo il bosco può trasmettere. Si possono osservare i licheni presenti sugli alberi e i numerosi tipi di funghi del bosco. Il rumore delle automobili indica che si è molto vicini a Forca d’Acero, valido punto di partenza per escursioni e passeggiate ecologiche sui sentieri del Versante Laziale Parco Nazionale d’Abruzzo. Qui il paesaggio offre uno spettacolo emozionante in tutti i periodi dell’anno per la presenza di faggi secolari. La zona è molto conosciuta anche per le piste di Castelluccio – Campolungo e di Macchiarvana, dove si pratica lo sci da fondo.

Ecco la sosta dell’ uso civico della montagna e delle carbonaie: è la storia dei sandonatesi di un tempo, della gente povera di una volta la cui unica risorsa economica era il carbone e la raccolta della legna secca del bosco.

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(difficoltà medio-alta dislivello 630 m).


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